Ricorso della Presidenza del Consiglio dei  Ministri  in  persona
del  Presidente  del   Consiglio   p.t.,   rappresentato   e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato legale domiciliataria  in  Roma,
via dei Portoghesi n. 12; 
    Per  la  declaratoria  dell'illegittimita'  costituzionale  degli
artt. 28, comma 3; 32, comma 1; 37, comma  1  della  legge  regionale
della Regione Liguria n. 9/2012,  contenente  «Modifiche  alla  legge
regionale 6 giugno 2008 n. 16 (Disciplina  dell'attivita'  edilizia),
alla legge regionale n. 7 aprile 1995 n. 25 (Disposizioni in  materia
di determinazione del contributo di concessione edilizia), alla legge
regionale 4 settembre 1997 n. 36 (Legge urbanistica regionale),  alla
legge regionale 3 novembre 2009 n. 49 (Misure urgenti per il rilancio
dell'attivita' edilizia e  per  la  riqualificazione  del  patrimonio
urbanistico-edilizio),  e  ulteriori   disposizioni   in   attuazione
dell'art. 5 del decreto-legge 13 maggio 2011 n. 70 (Semestre  europeo
-  Prime  disposizioni  urgenti  per  l'economia),  convertito,   con
modificazioni, dalla legge 12 luglio  2011  n.  106»  pubblicata  sul
B.U.R. n. 6, Parte I, dell'11 aprile 2012. 
    In data 11 aprile 2012  la  Regione  Liguria  ha  pubblicato  sul
Bollettino Ufficiale delle Regioni la legge  regionale  n.  9  del  5
aprile 2012. 
    Alcune  delle  disposizioni  contenute  in  tale  atto  normativo
appaiono in contrasto con la  normativa  statale  di  riferimento  in
materia di governo del territorio e, quindi, in contrasto con  l'art.
117. 3° comma, Cost.. 
    In particolare, con l'art. 28, comma 3, che sostituisce l'art. 37
della 1.r. n. 16/2008 si dispone che: «Per gli interventi soggetti  a
DIA o a SCIA che non  rientrino  nei  casi  indicati  al  comma  2  e
comunque per gli interventi ricompresi nell'allegato  2  nonche'  per
tutti gli interventi  soggetti  a  SCIA  diversi  da  quelli  di  cui
all'art. 21-bis, comma 1, lettera h), tiene luogo del certificato  di
agibilita' il certificato di collaudo  finale  di  cui  all'art.  26,
comma 10, o la comunicazione di fine lavori di cui  all'art.  21-bis,
comma 9.». 
    L'art. 32, comma 1, che  sostituisce  l'art.  43  della  l.r.  n.
16/2008, cosi' dispone: «Ferma restando l'applicazione delle sanzioni
penali previste dalla legislazione statale in  materia  di  SCIA,  la
realizzazione degli interventi edilizi  di  cui  all'art.  21-bis  in
assenza o in difformita' dalla SCIA salvo quanto  previsto  nell'art.
25, comma 2, comporta  l'irrogazione  della  sanzione  amministrativa
pecuniaria  pari   al   doppio   dell'aumento   del   valore   venale
dell'immobile,  conseguente  alla  realizzazione   degli   interventi
stessi, valutato dall'Agenzia del territorio, e  comunque  in  misura
non inferiore a euro 1.033,00, con esclusione dei casi di  interventi
di cui all'art. 21-bis, comma 1, lettere a), b), c),  i)  e  l),  nei
quali la sanzione pecuniaria sopraindicata e' ridotta di un  terzo  e
comunque non puo' essere inferiore a euro 516,00. Agli interventi, di
cui all'art. 21-bis, comma 1, lettera b),  realizzati  in  assenza  o
difformita' dalla SCIA, si applica una sanzione  pecuniaria  di  euro
1.033,00,  senza  ricorrere   alla   valutazione   dell'Agenzia   del
territorio.». 
    L'art. 37, comma 1, che sostituisce l'art. 49 della 1.r.  16/2008
cosi' dispone: «In caso di interventi edilizi realizzati  in  assenza
di permesso di costruire, di DIA obbligatoria o di DIA alternativa al
permesso di costruire o in difformita' da essi,  fino  alla  scadenza
dei termini perentori di cui agli articoli 45, comma 2, 46, comma  1,
e 47, comma 1, e comunque fino all'irrogazione delle  altre  sanzioni
amministrative pecuniarie di cui alla presente legge, il responsabile
dell'abuso o l'attuale proprietario dell'immobile possono  richiedere
l'accertamento di conformita' se l'intervento risulti  conforme  alla
disciplina urbanistica ed edilizia vigente e  non  in  contrasto  con
quella adottata sia al momento della realizzazione dello stesso,  sia
al momento della presentazione della domanda.». 
    Si ritiene che le predette disposizioni  eccedano  la  competenza
della Regione Liguria, per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
    1. L'art. 28, comma 3, che sostituisce l'art. 37  della  l.r.  n.
16/2008, si pone in contrasto con i principi fondamentali in  materia
di governo del territorio, in  particolare  per  quanto  riguarda  la
disciplina del certificato di agibilita'. 
    La norma  infatti  prevede  che  per  alcuni  interventi  edilizi
soggetti a DIA obbligatoria o a SCIA, il certificato di agibilita' e'
sostituito dal certificato di collaudo finale o  dalla  comunicazione
di fine lavori (art. 37, co. 2-3, l.r. n.  16/2008,  come  modificata
dalla l.r. n. 9/2012). 
    Secondo l'art. 24 del  d.P.R.  n.  380/2001,  il  certificato  di
agibilita'  attesta  la  sussistenza  delle  condizioni  di   igiene,
sicurezza, salubrita', risparmio energetico  degli  edifici  e  degli
impianti negli stessi istallati. Il certificato e'  richiesto,  oltre
che  per  le   nuove   costruzioni   e   per   le   ricostruzioni   e
sopraelevazioni, per tutti gli interventi sugli edifici esistenti che
possano influire sulle condizioni di igiene, salubrita', sicurezza  e
risparmio energetico, a prescindere  dalla  qualificazione  giuridica
dell'intervento. La disposizione regionale, limitando  l'obbligo  del
certificato di agibilita' in base  alla  tipologia  degli  interventi
edilizi   realizzati,   restringe   arbitrariamente    l'ambito    di
applicazione  dell'art.  24  del  testo  unico,  escludendo  da  esso
interventi  che  comunque  vi  sarebbero  soggetti   in   base   alla
legislazione statale. 
    Ne' puo' ritenersi che la verifica delle  condizioni  di  igiene,
salubrita',  sicurezza  e   risparmio   energetico   venga   comunque
effettuata in sede di rilascio del certificato  di  collaudo  finale.
Infatti, se e' vero che il comma 10 dell'art. 26 della L.R.  6-6-2008
n. 16, richiamato dall'art. 28, comma 3, della L.R.  9/2012,  prevede
che il certificato di collaudo finale redatto dal progettista o da un
tecnico  abilitato  debba  attestare  la  conformita'  dell'opera  al
progetto presentato nonche' la rispondenza dell'intervento alle norme
di sicurezza, igienico - sanitarie, di risparmio energetico  previste
dalla  normativa  vigente,  tuttavia  tale  certificazione  non  puo'
assolutamente sostituire il certificato  di  agibilita',  atteso  che
mentre il certificato di collaudo e' redatto da un tecnico di  parte,
invece il certificato di agibilita', a norma dell'art. 24  d.P.R.  n.
380/2001 «viene rilasciato  dal  dirigente  o  dal  responsabile  del
competente  ufficio  comunale»:  si  tratta  dunque,   di   un   atto
dell'Amministrazione comunale, che effettua una  valutazione  tecnica
super partes su quanto  rappresentato  dai  tecnici  di  parte.  Tale
circostanza non appare di  secondaria  importanza,  atteso  che  solo
l'intervento di un'Amministrazione pubblica, che vigila  e  controlla
quanto  rappresentato  dai  privati,  puo'  fornire  idonee  garanzie
sull'effettiva  tutela  di   interessi   pubblici   di   fondamentale
importanza quali la sicurezza, il rispetto della normativa in materia
igienico - sanitaria, il risparmio energetico. 
    Tale e'  stata  l'intenzione  del  legislatore  nazionale  ed  il
legislatore regionale, ai sensi di quanto disposto dall'art. 117,  3°
comma Cost., e' tenuto a rispettare i  principi  fondamentali  posti,
nella materia, dal legislatore nazionale. 
    Non vi e' dubbio, infatti, che la fattispecie  in  esame  rientri
nella materia «governo del territorio», che  l'art.  117,  3°  comma,
Cost. riserva alla competenza concorrente di Stato e Regioni. 
    Per quanto esposto, l'art. 28 e' da ritenersi  costituzionalmente
illegittimo  per  violazione  dell'art.  117,  co.  3  (governo   del
territorio)  della  Costituzione,  in  considerazione   del   mancato
rispetto  della  norma  statale  di  principio  sul  certificato   di
agibilita' di cui all'art. 24, d.P.R. 380/2001. 
    2. L'art. 32, comma 1, che sostituisce l'art. 43  della  1.r.  n.
16/2008, si pone in contrasto con i principi fondamentali in  materia
di governo del territorio, in  particolare  per  quanto  riguarda  la
disciplina dell'accertamento di conformita'. La disposizione  infatti
prevede che, in  caso  di  interventi  realizzati  in  assenza  o  in
difformita' dalla SCIA e di  interventi  di  restauro  e  risanamento
conservativo  eseguiti  in  assenza  o  in  difformita'   dalla   DIA
obbligatoria, la sanatoria sia ammessa anche  nel  «caso  in  cui  la
conformita'  urbanistico-edilizia  al  momento  della   presentazione
dell'istanza di  accertamento  in  conformita'  sia  conseguita  alla
approvazione di un nuovo piano urbanistico comunale» (art. 43, co. 8,
l.r. 16/2008, come modificato dalla l.r. 9/2012). 
    L'art. 36,  comma  1,  D.P.R.  n.  380/2001  (Testo  unico  delle
disposizioni legislative e regolamentari  in  materia  di  edilizia),
invece, condiziona il rilascio  del  permesso  in  sanatoria  ad  una
duplice condizione: la conformita'  dell'intervento  alla  disciplina
urbanistica ed edilizia vigente sia al  momento  della  realizzazione
dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda. 
    La legge regionale, eliminando la prima condizione, vale  a  dire
la conformita' dell'intervento alla  disciplina  urbanistico-edilizia
vigente al momento  di  realizzazione  dell'intervento,  consente  la
sanatoria di interventi  edilizi  che  non  sono  riconducibili  alla
categoria degli «abusi formali», bensi'  degli  «abusi  sostanziali»,
introducendo un  vero  e  proprio  condono  edilizio  (come  peraltro
confermato  dal  fatto  che  in  questo  caso   la   regolarizzazione
amministrativa e' subordinata al pagamento di una sanzione pecuniaria
maggiore  rispetto  a  quella  prevista  per  gli   altri   casi   di
accertamento di  conformita').  La  disposizione  regionale,  quindi,
finisce con lo snaturare l'istituto dell'accertamento di conformita',
gia' previsto dall'art. 13 della L.  n.  47/1985,  con  il  quale  il
Legislatore ha inteso consentire la sanatoria solo  di  quelle  opere
che, pur difformi  dal  titolo  (od  eseguite  senza  alcun  titolo),
risultino rispettose della disciplina sostanziale  sull'utilizzo  del
territorio, e non solo di quella vigente al momento  dell'istanza  di
sanatoria,  ma  anche  di  quella  vigente   all'epoca   della   loro
realizzazione (come da costante giurisprudenza di merito ex plurimis,
T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VI, 9.9.2004, n. 11896; T.A.R. Liguria,
Sez. I, 17.5.2005, n. 670). Per  quanto  esposto,  l'art.  32  e'  da
ritenersi costituzionalmente  illegittimo  per  violazione  dell'art.
117,  co.  3  (governo  del  territorio)   della   Costituzione,   in
considerazione del mancato rispetto della norma statale di  principio
sull'accertamento di conformita' di cui all'art. 36, d.P.R. 380/2001. 
    Si osserva che per le stesse ragioni e' stata impugnata  la  l.r.
Toscana n. 4/2012. 
    3. L'art. 37, comma 1,  che  sostituisce  l'art.  49  della  l.r.
16/2008, si pone in contrasto con i principi fondamentali in  materia
di governo del territorio, in  particolare  per  quanto  riguarda  la
disciplina dell'accertamento di conformita'. La disposizione  infatti
prevede che, nel caso di interventi realizzati in assenza di permesso
di costruire, DIA  alternativa  a  permesso  di  costruire  o  a  DIA
obbligatoria, la sanatoria sia ammessa anche  nel  «caso  in  cui  la
conformita'  urbanistico-edilizia  al  momento  della   presentazione
dell'istanza di sanatoria sia conseguita all'approvazione di un nuovo
PUC.» (art. 49, co. 5,  1.r.  16/2008,  come  modificato  dalla  l.r.
9/2012). 
    Per le stesse ragioni  esposte  al  punto  2,  l'art.  37  e'  da
ritenersi costituzionalmente  illegittimo  per  violazione  dell'art.
117,  co.  3  (governo  del  territorio)   della   Costituzione,   in
considerazione del mancato rispetto della norma statale di  principio
sull'accertamento di conformita' di cui all'art. 36, d.P.R. 380/2001.